Rubrica

Il papato di Francesco tra innovazione e tradizione: analisi di un pontificato

L’elezione di Papa Francesco avvenuta nel mese di Marzo del 2013, ha scaturito una forte sensazione di sorpresa e di novità nella Chiesa e nel mondo.

Il suo stile amichevole e semplicemente diretto ha creato fratture con quello del suo immediato predecessore ma ha anche segnato nuove distanze dai papati più tradizionalisti come per esempio quelli di Pio XII, un altro papa che ha segnato un epoca. Lo stile del Papa argentino, di origini italiane, si differenzia dai predecessori più tradizionalisti per il linguaggio in primis con cui si rivolge ai fedeli. Prendiamo ad esempio Papi come Benedetto XVI o Pio XII, questi ultimi si rivolgevano al mondo ed ai fedeli in modo più aulico e tradizionalista, cercando di penetrare nel cuore dei fedeli senza distaccarsi dalla forma e mantenendo integro nel sistema di comunicazione quello stile preciso ed elegante prorpio di una chiesa a cavallo tra l’800 ed il ‘900. Papa Francesco invece ha modificato lo stile comunicazionale, non spostando i concetti ma semplicemente alleggerendo lo stile, parole meno auliche ma ugualmente forti, dirette, la cui semplicità paradossalmente conferisce ancora più profondità perché dirette al cuore del problema e delle menti. Da questo punto di vista potremo parlare di una prima rivoluzione di stile a livello comunicazionale, anche perchè è un Papa che si è adattato velocemente al corso dei tempi. Usa i social network in modo elegante ma incisivo, ed i suoi “Twit” sono presenti in tutto il mondo ogni giorno. Si può affermare che Papa Francesco è diretto almeno quanto il suo secondo predecessore, Giovanni Paolo II, ma in più del Papa polacco ha mezzi e canali per esporsi in modo così diretto. Giovanni Paolo II fu il primo Papa a mandare una email, ma era ormai alla fine del pontificato quando i social network iniziavano a conquistare il mondo e Papa Wojtyla pur se forte nell’animo non aveva più  la forza fisica e psicologica per stare al passo  dei mutamenti continui, che dal punto di vista tecnologico e comunicazionale investivano il mondo.

Il grande merito del Papa argentino è quindi racchiuso in un semplice concetto, quest’ultimo usa le nuove forme di comunicazione in modo semplice e diretto senza però staccarsi da precisi concetti da diffondere, il Papa non usa le nuove forme di comunicazione per ogni cosa ma solamente come strumento di diffusione del Vangelo, della Fede e di quei concetti legati al mondo cristiano in modo indissolubile. Non cade negli agguati della tecnologia, da cui mise in guardia il mondo Pio XI, quando nel momento in cui la radio veniva installata da Marconi in Vaticano, si mostrò felice e soddisfatto di come ora la voce del Papa attraverso onde impercettibili ed invisibili andasse in tutto il mondo, ma allo stesso modo all’inizio dimostrò una certa diffidenza e mise in guardia da un uso improprio di questi sviluppi comunicazionali. Pio XI era un Papa crescitò nell’800 ma capace di affrontare l’inizio della modernità con il ‘900 e tutto quello che ne consegue.  Altro punto prezioso e decisivo della rivoluzione del Papa argentino, risiede nel fattore decentralizzazione. Ora la Chiesa non è più vista come un blocco a se stante da cui si irradiano i  raggi del cristianesimo, non più un qualcosa cui gurardare, come diceva il Cardinale Siri ( dell’epoca di Pio XII e Giovanni XXIII), come un faro nel buio. È la Chiesa che oggi ed in questa era va incontro alle persone, penetra nelle periferie e si mischia con il loro difficile tessuto sociale. La riforma di Francesco ha vita proprio nelle periferie esistenziali e poi si dirige verso il centro, non il contrario. Alle periferie oggi Francesco dà nuove responsabilità, e nuova vita. Quest’ultime ora sono viste non più come luoghi dimenticati, ma bensì quartieri e paesi attivi nella collegialità. In questo ruolo decisivo e fondamentale è svolto dalle parrocchie, e da qui nasce dal punto di vista religioso la riforma strutturale di Papa Francesco. La Chiesa prende nuova forma, e nuova linfa non più dai sacri palazzi, alcune di difficile accesso alle masse, ma dai suoi “rami periferici”, ovvero le parrocchie stesse. I sacri palazzi ora con Francesco devo aprire le loro stanze e le loro porte, non devono essere più racchiusi in se stessi. Come disse Papa Giovanni XXIII al tempo del Concilio Vaticano II, un vento nuovo aleggia nelle sacre stanze. Ora questa situazione si replica con Papa Francesco. Ed ecco quindi un altro collegamento con il passato, una altra situazione in cui Papa Francesco si muove tra tradizione e novità, i concetti non cambiano, ma variano le forme ed il modo in cui questi ultimi vengono posti. Cambia anche la Chiesa non nella sua funzione, che resta quella di essere il corpo vivente di Cristo in terra, ma si modificano i sistemi e lo stile mediante cui si apre al mondo e dialoga con esso.

In conclusione si potrebbe affermare che con Papa Francesco la Chiesa completa in modo incisivo quel processo di mutamento inteririore ed esteriore, dettato dal Concilio Vaticano II, vero strumento di bilanciamento tra la tradizione e la modernità, non a casa l’intuizione giovannea fù poi condotta e portata a termine da un Papa fortemente capace di orientarsi nel mondo che cambiava, ovvero Paolo VI, pontefice che superò il’68 e tutto quello che ne conseguì. Papa Francesco ha il difficile compito di completare questo mutamento, che appunto è interiore poiché cambiano i comportamenti dei suoi membri all’interno, i quali non possono sottrarsi alle necessità pastorali che la società postmoderna ora pone avanti i nostri occhi, ma anche al suo esterno. La Chiesa si adatta alle nuove tecnologie ed ai ritmi frenetici della società, che al momento sembra non capace di mantenere un regolare ritmo d vita senza frenesie ed imprevisti.

 

Riccardo Narducci

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