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Francesco apre alla Cina: la svolta (storica) è dietro l’angolo

Papa Francesco sta lavorando a una svolta che passerà alla storia: il cambio di passo nei confronti della Repubblica Popolare Cinese. La volontà di Francesco, in sostanza, è di aprire le porte della Chiesa ai cinesi e di provare a dialogare con quel comunismo che ha sempre fatto dell’anticlericalismo la sua bandiera.

A gettare le basi di un’apertura in questo senso è un editoriale scritto da Padre Joseph You Guo Jiang, membro della comunità gesuita cinese. “Nell’epoca della globalizzazione, la società e cinesi si sono fatti più tolleranti e aperti verso la Chiesa cattolica – scrive il gesuita cinese -. In alcune regioni, per esempio, la vita e la pratica religiosa sono cresciute. Il governo e la società cinese apprezzano il ruolo e la funzione dei gruppi religiosi, e il notevole contributo che essi danno in termini di servizi sociali”.

Allo stato attuale, la Santa Sede intrattiene relazioni ufficiali con circa 180 Paesi. La sua rete diplomatica ha conosciuto una notevole espansione sotto il pontificato di Papa Giovanni Paolo, che portò da 84 a 174 i Paesi ufficialmente legati alla Santa Sede per mezzo di una relazione diplomatica. Il Vaticano ha anche stretto dei legami ufficiali con Taiwan, laddove ha anche una sua delegazione ufficiale, mentre non ci sono contatti con Cina, Arabia Saudita, Vietnam, Afghanistan e Corea del Nord.

La svolta che sta per consumarsi, però, potrebbe aggiungere la Cina alla lista dei Paesi coi quali ci sono delle relazioni bilaterali ufficiali. Il che non vuol dire sposarne l’ideologia, ma più semplicemente riconoscerne l’autorità.

“Fino a che i comunisti rimarranno l’unico partito di governo, il marxismo continuerà ad essere un punto di riferimento della società cinese. Perciò la Chiesa cattolica cinese deve ridefinire il suo ruolo e le sue relazioni con il Partito comunista e con la sua ideologia. Questo non significa che la Chiesa debba essere d’accordo con i valori fatti propri dal Partito, ma quanto meno avrà modo di trovare soluzioni che le permetteranno di portare la sua missione e il suo ministero in Cina”.

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