Riflessioni di Papa Francesco

Visitare gli ammalati e sfamare i poveri: anche questa è catechesi

“Beati coloro che credono”. Questo il tema affrontato dal Simposio Internazionale sulla Catechesi che si sta tenendo in queste ore presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica Argentina, a Buenos Aires.

Ai partecipanti è giunto anche il saluto di Papa Francesco, un saluto che si è voluto concentrare soprattutto sulla figura di San Francesco d’Assisi e sul ruolo del catechista al giorno d’oggi.

“Quando visitiamo gli ammalati, quando diamo cibo ai poveri. Ecco, questo significa già fare predicazione”, ha detto Francesco. La catechesi, ha aggiunto il Papa, non è un lavoro, ma una missione attorno alla quale ruota la vita di chi se ne occupa in prima persona: “Essere catechista è una vocazione di servizio, un dono del Signore che cambia la vita. Al centro di tutto c’è l’annuncio della morte e la Resurrezione del Signore, fulcro della vita cristiana”.

Il catechista cammina da Cristo e con Cristo. Non è una persona che ha idee e gusti propri, perché chi fa il catechista ha accettato di mettere da parte la sua personalità in virtù di quello sguardo che infiamma il cuore.

Cristo, per il catechista, “è il centro della nostra vita, che al tempo stesso ci fa uscire da noi stessi, ci decentra e ci rende più vicini agli altri”. Ecco perché quando parliamo di catechesi non possiamo trascurare l’amore cristiano. Concentrarsi per incontrare il Signore e per testimoniare agli altri Gesù, la sua predicazione e la sua vita: questo è amore!

L’attività del catechista, ha infine aggiunto il Papa, è creativa e ricca di alternative per annunciare Cristo in modi sempre diversi. “Ciò significa essere messaggeri di quanto sia bello credere in Gesù, perché egli è la via, la verità e la vita che cambia la nostra vita con gioia. E’ importante essere all’altezza della situazione, perché Lui è già nell’uomo di oggi”.

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