Riflessioni di Papa Francesco

Parole, gesti e atteggiamenti esprimano solidarietà e condivisione

Il cristiano deve imitare Gesù, dando il proprio cuore ai più bisognosi: con queste parole Papa Francesco si è rivolto ai gruppi delle spiegando che davanti alla povertà e alla miseria non è possibile “essere spettatori” ma bisogna invece dare una “segno della vicinanza di Dio”.

L’incontro di oggi in Piazza San Pietro vuole anche festeggiare i 770 anni di storia delle Misericordie d’Italia, quasi 800 anni di storia fatti di servizio diffondendo una vera e propria “cultura della carità” come la definì 28 anni fa Papa Giovanni Paolo II.

Lo stesso termine “misericordia” significa “dare il cuore ai miseri” che sono coloro che soffrono e coloro che hanno bisogno: se osserviamo il Vangelo troviamo moltissimi episodi che ci testimoniano la misericordia di Gesù, e la sua predilezione per deboli e sofferenti. È proprio da questa parola, che indica questo servizio che fa riferimento a Gesù stesso, che “prende senso e forma” il servizio delle Misericordie d’Italia.

Anche noi siamo chiamati a farci vicini – ha detto il Pontefice – a condividere la condizione delle persone che incontriamo” esattamente come Gesù faceva e come ancora oggi ci insegna attraverso i Vangeli nei quali “possiamo cogliere la vicinanza, la tenerezza, la bontà con cui Gesù si avvicinaca le persone sofferenti e le consolava“.

Sono le “nostre parole, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti” che devono esprimere la misericordia di Dio, che come cristiani ci viene donata dallo Spirito: quella di Bergoglio è una vera e propria esortazione a esprimere “la solidarietà, la volontà di non rimanere estranei al dolore degli altri, e questo con calore fraterno e senza cadere in alcuna forma di paternalismo“.

La tentazione dalla quale si deve rifuggire, tuttavia, è quella di trasformarsi in “spettatori informatissimi e disincarnati” della povertà, “oppure di fare dei bei discorsi – ha detto – che si concludono con soluzioni verbali e un disimpegno rispetto ai problemi reali“: “troppe parole, troppe parole, troppe parole, ma non si fa niente! – ha quindi commentato Papa Francesco – Questo è un rischio! Non è il vostro, voi lavorate, lavorate bene, bene! Ma c’è il rischio… Quando io sento alcune conversazioni tra persone che conoscono le statistiche: ‘Che barbarie, Padre! Che barbarie, che barbarie!’. ‘Ma cosa fai tu per questa barbarie?’ ‘Niente! Parlo!’. E questo non rimedia niente! Di parole ne abbiamo sentite tante! Quello che serve è l’operare, l’operato vostro, la testimonianza cristiana, andare dai sofferenti, avvicinarsi come Gesù ha fatto“.

Gesù, ha infine concluso il Santo Padre, “va per le strade e non ha pianificato né i poveri, né i malati, né gli invalidi che incrocia lungo il cammino“: “con il primo che incontra si ferma, diventando presenza che soccorre, segno della vicinanza di Dio che è bontà, provvidenza e amore“.

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7 pensieri su “Parole, gesti e atteggiamenti esprimano solidarietà e condivisione

  1. “Gesù con il primo che incontra si ferma, diventando presenza che soccorre, segno della vicinanza di Dio che è bontà, provvidenza e amore”. “Sono le nostre parole, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti che devono esprimere la misericordia di Dio”. Caro Padre Francesco le Sue parole sono per me pura consolazione! Per questo Le ho scritto più volte: aiutiamo con incontri efficaci i genitori affinché con le loro parole, i loro gesti, i loro atteggiamenti possano comprendere, accogliere con amore le unicità dei loro figli per formarli in modo naturale alla comprensione, all’accoglienza, al soccorso. Ama il prossimo tuo come te stesso. E i bambini sono il futuro del mondo!

  2. Oggi ero presente in Piazza S.Pietro, come volontaria ho voluto esserci
    per festeggiare l’evento e come gesto di amore nei tuoi confronti Papa Francesco. Un abbraccio AVE

  3. Cuando estoy delante de una persona ,nunca me preocupo de su aspetto,color de piel,religiòn,orientaciòn sexual,politica,nacionalidad,etc.Me concentro en la persona en un ser vivo,y le dedico mi tiempo e si puedo hago algo màs por esa persona.Mi problema es que no lo hago siempre y a veces lo hago pero las persona son miedosas,porque ese amor puro està desapareciendo y sufro cuando hago algo y las personas quieren corriendo pagarte en algun modo.Puedo decir que pruevo la felicidad sòlo cuando hago un bièn a alguien sin que se de cuenta,no hay sensaciòn ni placer en el mundo que se sutituisca a esa felicidad,y que tantas veces se necesita un sacrificio.Yo creo en Dios y cada vez que le ahorro un sufrimiento a cambio de un gesto bueno soy feliz porque El lo es.Cuando me encuentro delante de personas que me han hecho danio no procuro odiarlas porque despues me hago danio yo y ellos non cambian,pero las criticos y las insultos dentro de mi con rabia y sin darme pena,y siento dentro de mi una voz que me dice “Ellos tambièn son hijos mios”,despues me averguenzo y me da pena,porque derrochar esta vida maravillosa con tantas banalidades.La paz,no es dificil,hacer el bièn no es dificil,la fè no es dificil,lo dificil es que entendamos que viviendo con tanta ignorancia siempre viviremos en guerra.La canciòn que màs me gusta “Su nombre es el Senior y pasa hambre ,està en la soledad de cada preso,y muchos que lo ven pasan de largo ,diciendo,tal vez ese no era de los nuestros.Con vosotros està y no le conoceis ,con vosotros està su nombre es el Senior”.Hermano padre Jorge Francesco lo quiero mucho como persona.Me encantarìa abrazarle ,darle las gracias y decirle que si me necesita aquì estoy.

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